Le ho sognate. Belle e seducenti, capaci di farmi perdere la testa ma anche di divorarmi. Sentivo di doverle evitare ma cercavo comunque di avvicinarmi il più possibile. Fino al limite, fino al punto di rottura. Quasi volessi sfidarla quella paura (di vivere). Qualche giorno fa, in strada, ero con 3 ottantenni. Due uomini e una donna. Parlavano della morte e lo facevano con una tale leggerezza che sembrava che parlassero della vita di altri. Forse anche della mia. Uno di loro diceva che, dagli ottanta in poi, ogni giorno è regalato. Appartamente erano sazi e invece era tutto il contrario. O meglio… la loro prospettiva non è paragonabile alla mia. Sembrava che non chiedessero. Si limitavano a vivere senza aspettative, a prendere quello che gli si dava, ad essere senza apparire. Erano lì con me ma in un’altra dimensione. Si guardavano tra loro e solo alla fine dell’incontro, quando la donna mi ha salutato, ho capito realmente che …. si, quell’incontro, quelle parole scambiate, erano anche per me ed io sentivo gratitudine.
Le mie “tendenze egoiche”
Come riconoscerle? Di certo, quando ho pensieri ossessivi vuol dire che l’ego è in azione. In particolare, quando al centro dei miei pensieri c’é una persona che mette a dura prova la rigidità del mio carattere, entro in difficoltà perché penso di dover pretendere maggiore rispetto per le mie idee. In quei momenti mi sento ferito, poco rispettato e con la mente ritorno a quei momenti “dolorosi” per il mio orgoglio e immagino di riuscire a parole a recuperare/ristabilire l’onore perduto.
Come limitarle? Mi aiuta parlare ad altri di ciò che mi tormenta (ieri, ad esempio mi ha fatto bene parlare con Fefè). Dopo averlo fatto, indipendentemente da ciò che il mio interlocutore mi dice, riesco a prendermi una pausa, ad uscire anche se per poco, dal loop di pensieri (sempre gli stessi) in cui ricado e ad avere degli insight che mi aiutino a pormi in una prospettiva più obiettiva. Solo, in quei momenti, riesco a vedere, le persone che hanno ferito il mio orgoglio come delle risorse, in grado di farmi crescere. Ho però un dubbio. Non é che, anche in quei momenti, siano sempre latenti le mie tendenze egoiche? Non è possibile che sia nascosto dentro di me il desiderio di sentirmi più forte, inattaccabile? Non é che io sia più o meno celatamente mosso da un desiderio di rivalsa?
Rapporto della serata del 17 Gennaio
Disposizione squadra: Zorin (capo), Joy (vice), Linda (partner), Vasco (scudo)
Inizialmente, prima del servizio, riuniti in sede, ho spiegato a Linda che ero diventato capo-squadra e lei ha avuto da ridire sulla decisione in quanto a suo avviso Vasco meritava la nomina più di me (per un criterio di anzianità). Le ho risposto in maniera concitata sia perché mi interrompava di frequente sia perché ritenevo le sue argomentazioni inadeguate. Durante il servizio, mentre interagivo con l’utente, la squadra non si disponeva a protezione del caposquadra e spesso la Linda (partner) interagiva anch’essa con l’utente. Joy (la mia vice) non ha mai richiamato all’ordine gli altri membri della squadra. In Pilotta, un altro episodio di indisciplina. Da lontano, avevo visto 2 utenti seduti sulle scale. Avevo subito notato diverse lattine nei pressi degli utenti stessi. Mi sono avvicinato e parlando con loro, ho appurato il loro stato di ebbrezza. Quando ho deciso di allontanarmi, solo Joy e Vasco mi hanno seguito poichè la Linda ha autonomamente deciso di soffermarsi con i 2 utenti per raccomandare loro di buttare le lattine. Nel REP ho ricordato che, secondo le regole, solo il caposquadra interagisce con l’utente. La Linda mi ha interrotto spiegandomi che si era limitata a rispondere alle domande dell’utente.
La tua vita appesa a un filo
Il pensiero di essere responsabile della morte di papà é quello a cui tu hai scelto di aggrapparti per condannare te stessa. Vent’anni fa, molto prima che mi trasferissi qui a Parma, dalle conversazioni che facevamo in macchina e non solo, emergeva sempre il suo desiderio di porre fine alla sua esperienza terrena. Non trovava pace in niente. Sai benissimo come la sua sia stata da sempre una esistenza tormentata. Se avesse potuto, l’avrebbe fatta finita 15-20 anni prima. Ed io rifiutavo quello che diceva perché sentirlo parlare in quel modo, vederlo cosí pronto per la morte, per me, non era accettabile. Quante volte, nell’ultima fase della sua malattia, prima del trasferimento nella struttura, ti ho detto che alla tua età non avevi piú le forze fisiche e mentali per accudirlo. Il suo corpo era cosí rigido che stargli vicino, in qualsiasi momento, poteva essere fatale non solo a lui ma anche a te stessa. Lo sapevamo tutti che ogni giorno la tua vita era a rischio. Ne eri consapevole tu stessa ma la tua condizione per quanto insopportabile ti teneva occupata e teneva in parte lontani quei demoni che oggi non ti danno tregua. La tua vita era appesa ad un filo ma a te andava bene cosí. Era una condizione accettabile che ancora oggi rimpiangi. Ora peró non puoi sfuggire a quella parte di te che da tantissimo tempo ti ha condannato per i peccati della tua intera vita.
Le foto di questa mattina
Quest’oggi abbiamo vissuto una mattinata movimentata. Non è stata felicissima l’idea di utilizzare un obiettivo manuale di 14mm (Laowa 9mm zero-d) considerando l’impossibilità di avvicinarmi troppo ai soggetti. La psicologa mi ha chiesto di dare un voto alle mie foto. Per ora é una sufficienza. Non é stato difficile scattarle. Ho provato del disagio quando un utente, vedendomi con la camera in mano, mi ha accusato di averlo ritratto. È in parte quel disagio (e soprattutto rabbia) che provo quando qualcuno mi chiede conto, senza ragione, del fatto che io fotografi degli edifici. Spesso, in passato, mi é capitato di negarmi dei momenti di gioco. Da quando ho scoperto questa passione per la fotografia faccio fatica ad accettare che ci sia qualcuno che voglia farlo al posto mio. So che l’utente non puó essere equilibrato e che ha paura della visibilità. Vive ogni giorno per strada al freddo (in questi giorni la temperatura scende sotto lo zero) e cerca qualcuno su cui sfogare la sua rabbia. Teme di essere cacciato anche da lí. Ed io? Di cosa avevo paura? Temevo di aver messo in difficoltà la squadra e di aver contrariato il nostro coordinatore. Temevo le possibili conseguenze. L’utente pieno di rabbia sembrava aver incassato (anche se non benissimo) la mia risposta (“non possiamo scattarvi foto, fotografiamo solo noi stessi”) ma una volta andati via, si è ripresentato arrabbiato alla Caritas da una nostra collega, sostenendo che l’avevo fotografato e minacciando di fare casino se dovesse rivedere una macchina fotografica. Qualche ora dopo, è stata la telefonata col coordinatore a liberarmi dal disagio e da me stesso. Infine la postproduzione. Avevo le idee chiare. O almeno cosí mi sembra. Qualche ora dopo averla terminata, ero insoddisfatto di alcuni dettagli in alcune foto (il cielo e la tonalità del colore rosso). Le foto in fullspectrum le preferisco sicuramente alle foto scattate con una camera non modificata ma postprodurne tante in breve tempo è sempre un po’ complicato.