La tua vita appesa a un filo

Il pensiero di essere responsabile della morte di papà é quello a cui tu hai scelto di aggrapparti per condannare te stessa. Vent’anni fa, molto prima che mi trasferissi qui a Parma, dalle conversazioni che facevamo in macchina e non solo, emergeva sempre il suo desiderio di porre fine alla sua esperienza terrena. Non trovava pace in niente. Sai benissimo come la sua sia stata da sempre una esistenza tormentata. Se avesse potuto, l’avrebbe fatta finita 15-20 anni prima. Ed io rifiutavo quello che diceva perché sentirlo parlare in quel modo, vederlo cosí pronto per la morte, per me, non era accettabile. Quante volte, nell’ultima fase della sua malattia, prima del trasferimento nella struttura, ti ho detto che alla tua età non avevi piú le forze fisiche e mentali per accudirlo. Il suo corpo era cosí rigido che stargli vicino, in qualsiasi momento, poteva essere fatale non solo a lui ma anche a te stessa. Lo sapevamo tutti che ogni giorno la tua vita era a rischio. Ne eri consapevole tu stessa ma la tua condizione per quanto insopportabile ti teneva occupata e teneva in parte lontani quei demoni che oggi non ti danno tregua. La tua vita era appesa ad un filo ma a te andava bene cosí. Era una condizione accettabile che ancora oggi rimpiangi. Ora peró non puoi sfuggire a quella parte di te che da tantissimo tempo ti ha condannato per i peccati della tua intera vita.

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