Ti scrivo da qui

E’ probabile che delle cose che hai detto io abbia voluto capire solo quello che mi faceva comodo e che forse sono in cerca solo di scuse o falsi alibi… ma a distanza di 2 giorni mi restano in testa 2 cose: la prima: 1) hai detto che lo step mancante (che al momento sembra sfuggirmi) forse per mia comodità, non ho intenzione di farlo. 2) che quello che occorre fare per uscire da questa situazione non puoi dirmelo perchè altrimenti non andrei in fondo. Probabile. L’ultima cosa che devi fare è consolarmi. E’ giusto. Non può essere il mio specchio a dirmi quello che devo fare e nè a dirmi quanto sono bravo. Inevitabilmente però è venuta meno la fiducia. Era scontato probabilmente. Quando hai parlato di dissociazione non ho detto niente ma la sera stessa mi sono sentito male per quella “diagnosi”. Perchè? Perchè è sbagliata. Quando sono entrato in modalità sopravvivenza non mi sono più ripreso. Poichè non te ne sei accorta hai dedotto che ero dissociato. Ti faccio solo notare che dopo quella rappresentazione non mi sono comportato come se nulla fosse accaduto. Non ho parlato con nessuno (salvo chiederti conferma del giorno dell’appuntamento) e poi sono andato via. Si, sono arrabbiato con me stesso e forse pretendo troppo da te. Probabile. Quello che so è che ora tutto il percorso (utilissimo fino a qui) mi sembra che non porti da nessuna parte. Un binario morto. Si, è subentrata la diffidenza. Certo, pensare così mi fa comodo ma una parte di me vuole dimostrarti che anche se è impossibile tornare indietro, è meglio fermarsi che continuare a farsi del male. Aspetterò. Aspetterò che la rabbia che serve a nascondere la tristezza causata dalla mia mancanza di “fede” lasci questo corpo.

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