Non so se sia cambiato il mio modo di vedere il futuro. Penso che in passato mi sia sforzato o illuso di intravedere qualcosa che non mi facesse troppa paura. Un po’ come vedere da un finestrino completamente appannato. Non vedi niente, percepisci però la direzione verso cui stai andando e il colore di fondo (sullo sfondo). Quello che in fotografia chiamano il colore dominante. E mentre procedi quello che puoi fare per non impazzire è utilizzare l’immaginazione o semplicemente illudermi che improvvisamente lo sfondo diventi meno nero. A conclusione dell’emdr, alla base della decisione di continare con i nostri incontri, c’era una illusione di questo tipo. Una illusione forte che mi portò a partecipare agli incontri di gruppo. Tutto questo ha portato piano piano a togliere la condensa al vetro che avevo davanti agli occhi. Non sono sicuro che col vetro appannato, approssimandoci alla meta, la paura sia meno forte. Hai definito questo percorso come un percorso di autenticità. Mio zio, il fratello di mio padre, è stata una spina nel fianco durante la sua esistenza. Amava dirti le cose in faccia… Suoleva ripetere che alla fine, tutti i nodi vengono al pettine. Ecco, non so se sono venuti al pettine quel 22 giugno ma ha contribuito a farmi perdere tutta quella fiducia/speranza/illusione necessaria per continuare il lavoro. Il lavoro in modalità di sopravvivenza abbia scatenato una reazione conservativa così eccessiva da indurmi ad abbandonare. È quello step che, come dicevi tu, io non voglio fare, che mi fa perdere motivazione nelle cose che faccio. È il mio alibi che mi fa lasciare il campo e annullare la partita per non vedermi sconfitto. Perchè quello che non accetto è la sconfitta e soprattutto l’umiliazione della sconfitta. Di fronte a quella prospettiva piuttosto che lottare preferisco mollare (una valigia vale un’altra). Smetto di giocare e comincio a mettere in scena la mia tragedia, con tanto di personaggi cattivi, rei di impedire il mio diritto sacrosanto a vivere la mia vita e ad esserne in qualche modo soddisfatto. E cosa alimenta la rabbia? Ciò che alimenta la rabbia è vedere gli altri concludere il gioco, agire… La mia passività. Tutto quello che non ho fatto e avrei potuto fare.